In molti paesi la normativa a tutela dell’ambiente disciplina la gestione del percolato proveniente dagli insilati prodotti in azienda. Le norme nazionali e locali vanno sempre rispettate.

Cos’è il percolato?

Il percolato è un prodotto di scarto degli insilati particolarmente umidi, ma con un alto valore nutritivo. Di solito ha un pH compreso fra 3,5 e 5, rendendolo altamente corrosivo sia per il metallo che per il cemento, capace quindi di danneggiare le strutture di insilamento. Inoltre, è molto inquinante per i corsi d’acqua, al punto che 1 litro di percolato contiene sostanze organiche sufficienti per ridurre il contenuto di ossigeno a livelli critici per la sopravvivenza dei pesci in 10.000 litri d’acqua (Gebrehanna, 2014; Cropper and DuPoldt, 1995; Mason 1988). In sintesi, il percolato è 100 volte più inquinante delle acque reflue delle fognature e quindi è un contaminante potenzialmente disastroso per i corsi d’acqua.

Le concentrazioni di azoto, fosforo e potassio presenti nel liquido percolato, è simile a quello del liquame, rendendolo quindi un ottimo fertilizzante, ma va trattato con attenzione, specialmente se unito ad altri liquami, a causa della potenziale produzione di gas tossici, come l’acido solfidrico.

Perché il foraggio produce percolato?

I fattori che influenzano la qualità dell’insilato sono vari e numerosi, ma un foraggio raccolto ed insilato con un contenuto di sostanza secca inferiore al 30% è sempre a rischio di produzione di percolato. La quantità di questi effluenti prodotti è direttamente associata al tipo di foraggio, alla lunghezza di trinciatura, al contenuto di SS, e la compattazione dell’insilato.

La produzione di percolato è un risultato congiunto di vari fattori fra i quali:

  • Contenuto di sostanza secca del foraggio
  • Tipo di foraggio
  • Utilizzo di fertilizzante azotato
  • Condizioni del foraggio al momento della raccolta
  • Lunghezza di trinciatura del foraggio
  • Compattazione del foraggio
  • Trattamento con inoculi

Perdita di sostanza secca e di valore nutritivo dell’insilato

La perdita di sostanza secca dovuta al percolato è influenzata da vari fattori, come il contenuto di sostanza secca del foraggio, la compattazione della massa insilata e i trattamenti subiti dal raccolto. Di questi, il contenuto di sostanza secca è il fattore più importante (Figura 1). Man mano che il contenuto di sostanza secca aumenta, la quantità di effluenti prodotti per tonnellata di insilato diminuisce. In poche parole, c’è meno liquido che può essere perso dalla massa dell’insilato.

Il percolato contiene anche componenti altamente digeribili come i carboidrati solubili, gli acidi organici, i minerali e azoto solubile, e quindi la sua perdita significa una diminuzione notevole della qualità dell’insilato.

Un insilato con problemi di percolato tende anche a conservarsi in modo scorretto.

IPer certi versi l’insilato funziona un po’ come una spugna, che contiene innumerevoli piccoli “pori” che sono normalmente riempiti con ossigeno o con anidride carbonica. Quando il foraggio è umido, questi pori possono riempirsi di percolato, che sostituisce il gas. Quando ciò si verifica, si creano le condizioni per la proliferazione di batteri indesiderati come i clostridi.

In una fermentazione normale, i batteri lattici convertono lo zucchero in acido lattico, in modo rapido ed efficiente, abbassando il pH del foraggio, e creando quindi un insilato ben conservato, appetibile e nutriente. Quando, invece, avviene la fermentazione clostridica nell’insilato, gli zuccheri della pianta vengono convertiti in acido butirrico, mentre i batteri utili producono acido lattico, facendo in modo che il pH iniziale diminuisca. Una volta, però, che lo zucchero sia stato consumato, i batteri clostridici iniziano a convertire l’acido lattico in acido butirrico, facendo risalire il pH e causando notevoli perdite di valore nutritivo, digeribilità e sostanza secca, oltre a creare un foraggio poco appetibile e con un odore forte.

I clostridi vengono inibiti se il pH scende rapidamente sotto al 5 e i “pori” del foraggio non vengono riempiti da percolato. Ciò significa che quando si produce un insilato a basso contenuto di sostanza secca, la lunghezza di trinciatura andrebbe aumentata, e nel caso dei balloni fasciati, dovrebbero essere stoccati in verticale senza essere impilati, per evitare che l’umidità si raccolga alla base del ballone.

Per quanto riguarda il silomais, piò capitare che venga raccolto con una sostanza secca al di sotto del 30%, dunque ha poco senso effettuare la lavorazione della granella, perché la digeribilità non migliora e, anzi, aumenta il problema della produzione di percolato.

Fattori chiave per l’insilamento del silomais a basso contenuto di sostanza secca

  • Aumentare l’altezza di taglio, per ridurre la contaminazione degli steli da parte del suolo e delle spore clostridiche.
  • Aumentare la lunghezza di trinciatura, per ridurre il volume di percolato prodotto.
  • Evitare di lavorare la granella perché con una sostanza secca inferiore al 30% non c’è nessun vantaggio di contenuto d’amido o di digeribilità.
  • Non compattare eccessivamente. Riducendo il grado di pressatura che si effettua in trincea, contribuisce a ridurre il volume del liquame effluente.
  • NON USARE MACCHINE CON RUOTE GEMELLATE DURANTE LA COMPATTAZIONE/NON IMPILARE I BALLONI FASCIATI

Fattori chiave per l’insilamento di erbai a basso contenuto di sostanza secca

  • Accertarsi di tenere un’altezza minima di taglio di 10 cm per ridurre la contaminazione da clostridi
  • Aumentare la lunghezza di trinciatura
  • Accertarsi che le lame della falciatrice siano affilate e diano un taglio netto, per ridurre la produzione di percolato
  • Non compattare eccessivamente l’insilato
  • Accertarsi che la trincea sia stato isolato il più possibile, applicando teli a barriera d’ossigeno